sabato 24 febbraio 2018

Il Principe Rai





Principe libero e 

globalizzato



UNO SCHIAFFO ED UNA CAREZZA, un ciuffo ribelle a coprire gli occhi chiassosi e una sfacciataggine unica. Uomo senza etichette, senza sponsor, cantava la verità come i fianchi delle donne o il vino nelle botti, ma nel "Principe libero" abbiamo assistito alle smanacciate sfumature che la memoria può arrecare. Che errore. Un poeta con la chitarra, sulla bocca parole di tensione, populismo borghese, erotica tenerezza e Pietas cristiana, intimista violento come Baudelarie e Verlaine che amava per attrazione simbiotica, copriva i suicidi di petali di rose, le prostitute di carezze e diceva spesso che quando si muore si muore soli, non era un Principe.






LA MANNAIA DI MAMMONA RAI




NON HANNO AVUTO PIETA' per il poeta in note, sulla bocca parole di tensione libertaria, populismo borghese, erotica tenerezza e Pietas cristiana, ma 'ste cose mica puoi dirle in 1° serata su Rai Uno, quindi stravolgiamo il passato di De André, lo rendiamo più per padri di famiglia da appena un anno, purtroppo la Tv di meglio non è certo capace di poetar, e De André, a parte i soldi arrivati  ma con un Faber molto più povero di quello ce era. Quel che avete visto in Tv non è neanche un papoccchio, è un'atto terroristico. Intimista violento come Baudelarie e Verlaine che amava per attrazione simbiotica, copriva i suicidi di petali di rose, le prostitute di carezze, dicendo che quando si muore, si muore soli, ma in Rai queste cose non si possono dire. La qualità, rarefatta nel tempo (un disco ogni lustro) è sempre rimasta altissima e, forse, cosa rara in ogni genere d'artista, ha raggiunto i suoi vertici proprio con le sue ultime opere. Ma ciò avvenne per nostra autentica incapacità nel non riuscirlo a capire, perché le canzoni più belle le scrisse negli anni '70, quando gli tremavano le vene dei polsi ogni volta che passeggiava sul soglio del palcoscenico "a caritare". Il palcoscenico non riusciva proprio a domarlo, vincendolo. Diceva: "Anche la canzone più bella, cantata in un appuntamento preciso come può essere un concerto, diventa la meno sensata". O per chi pretende con l'affilata bontà (quella interessata, non gratuita) sopraffare il destino dei senza potere, di chi non ce la fa più per davvero e il 118 è l'ultimo Suv. I Soliti noti, niente di più, la solita stessa quantità di sempre di fetido odor e stridente musicar. Come ora, con le mani sulla testa e il cruccio sul volto, c'è chi si corrobora boffonchiando con aria sempre grave e sofferta: "Ah, Pasolini, non lo meritavamo". Tu lo dici!





Tanto rumore
per nulla




HO VISTO NINA VOLARE
SULLE CORDE DELL'ALTALENA
UN GIORNO LA PRENDERO'
COME FA IL VENTO ALLA SCHIENA



    di Matteo Tassinari 


PER IL "PRINCIPE LIBERO" Targato RAI, ossia il tentativo grottesco, innaturale, paradossale ed esasperatamente caricaturale e parrebbe assai improvvisato nel gessato stile pravdiano del cavallo mazziniano in Roma, la delusione è tanta, nel vedere il tentativo improbo di narrare la vita del più grande dei nostri cantautori in poesia. Per far cassa, come direbbe Bibi Ballandi morto pochi giorni fa e che ricordo volentieri in questa occasione, far contanti, cash, dobloni, euro, dollari. Che domande? Certo che avrei desiderato che Dori Ghezzi avesse avuto un po' più di voce in capitolo, magari intervenendo sul testo, assicurarsi che il ricordo della inquietudine creatività, poetica, emotività di Faber non fosse marginale o rimaneggiata, come nessuno ha voluto che fosse. I capistruttura, gli sceneggiatori che da un genio hanno tirato fuori Totti con l'accento romano anziché genovese, perché secondo loro, questa è una bazzecola, a loro piaceva tanto quel ciuffettone e così è andata. 



LEGGEVO LE NOTE A MARGINE DI QUALCUNO A DIFESA DI MARINELLI, CHE E' L'UNICO ATTORE ITALIANO CHE GAREGGIA AD HOLLYWOOD. E ALLORA?




























VOLEVANO FARE UN BEL santino di Fabrizio De André e Luca Facchini, il regista, c'è riuscito in pieno. Operazione compiuta per tutte le famiglia italiane! Un Faber formato Family. Che pena estrema, e guarda te per cosa devo patire. NON OSANDO, tanto lo sappiamo che Fabrizio non voleva essere e non era un Principe, hanno fatto un quadro dell'800 perfetto con tanto di Macramè. Ma perché non hanno raccontato di quella volta che  Fabrizio ciancicò coi denti un topo masticato e vomitato da un gatto per 30 mila lire offerte dal dandy e donnaiolo Gigi Rizzi? Per dirne una, ma come questa ce ne sono i pacchi, bastava essere fedele. Oppure ci si deve accontentar del falso Faber della Rai, rovinando la vita del cantante più bravo della storia musicale italiana? No, io l'ho conosciuto, e il Principe libero" neanche lo sfiora, colui che andava in direzione ostinata e contraria. E' biografia pura, narrazione didascalica, un novellar precettistico, una rappresentazione edificante e vuota di passione, un algoritmo didascalico come Un posto al sole. Questo non era Faber, l'imprevedibile e meno romanesco, improvviso, spiazzante. Fa male pensare che ora lo esporteranno da qualche parte in Europa, ma ci pensate a che opera di revisionismo malato è stato compiuto? O come sempre tutto va bene perché lo dice la Rai? Hanno messo in atto ciò che non dovevano. Per quel che ne so, non sopportava i principi, semmai li detestava dipingendoli quasi sempre come quelli che fanno le leggi a loro uso e consumo. E' facile scomodare un gigante come Faber, ma se i risultati sono questi, continuate pure a scomodarlo, torturarlo, modificando come fosse uno jo jo cangiante... continuate a smanettare nella memoria futura degli italiani, fino al punto di dover accettare doppie e triple verità? Pareva un micetto dal culetto bagnato, mentre era una furia autentica quando c'era qualcosa che gli dava fastidio: "Fate stare buono quel bambinooo" diceva di un Cristiano di 7 anni a mamma Puny quando di pomeriggio dormiva perché la notte aveva veleggiato con le parole nelle note. Ecco, di questo lato creativo ed emotivo, eccezionale per la sua figura, imponente, talvolta spigoloso, ebbene, non s'è visto nulla, solo un Faber paziente e sull'attesa, quando era l'opposto, aggrediva l'attesa e la pazienza era certo una sua virtù ma a suo modo, non come fosse un boy scout. Qui si tratta di errori grossolani e direi anche voluti per confezionare un pacco con i lustrini e i fiocchi in filo di raso for family. Mentre scrivo mi viene da pensare alla legge del contrappasso, ossia hanno costruito un Fabrizio De André completamente opposto a quello angosciato a Sarzana nel 1981, dove solo l'amico regista Marco Ferreri lo spinse a forza sul palco per iniziare il concerto e dopo la scolata di una bottiglia di Glen Grant per allentare la morsa del timore di fare brutta figura davanti al pubblico, aspetto preponderante durante i primi anni di esposizione concertistica. Insomma il santino è riuscito coi fiocchi, cara Nexo! Missione compiuta Fachini, complimenti per aver fatto di De André esemplare di anarchico col Rolex e luci soffuse ocme sel a vita di Faber si fosse svolta in un night. Obiettivo raggiunto, omologare De André! Questo è il punto più grave, e nessuno ci paga per dire ciò, è che cozza troppo con la nostra idea di Fabrizio. "Brutto dirlo, ma Luca Marinelli mi pare molto inadeguato nel ruolo di Faber. Fabrizio aveva un volto 'maledetto', Marinelli para un bonaccione di Piazza di Spagna.


Tu chiamale se vuoi 
amnesie...




Genova per me è come una madre.

E’ dove ho imparato a vivere,

mi ha partorito e allevato fino

al compimento del 35° anno di età

e non è poco. Anzi, forse è tutto

Sospeso dai vostri

"come sta" da luoghi


meno comuni e più feroci
PERCHE' SAREBBE stata una grande occasione stare fermi, lasciare tutto com'era. Non muovere paglia. Non proferir parola. Non abbozzare idee. Nessuno avrebbe detto nulla, come altri non si sarebbero accorti di nulla e chi rimaneva avrebbe continuato a guardarsi la fiction don Matteo, un inno al buonismo e all'ipocrisia assoluta. Che gioia l'ignoranza che vola tutta via. Adesso, quando una scolaresca avrà bisogno di vedere un film su De André, secondo voi, quale film andranno a prendere? Pensateci? Si procede, andando avanti senza sapere nulla, almeno non gridiamo allo “scandalo” e inconsapevoli del dramma, stiamo tranquilli. L’inconsapevolezza delle anestesie sociali, è il male preferito dalle maggioranze, quello che garantisce un'immane Domenica delle salme che si ripete in stand by, come uno scudo per proteggersi dalle novità troppo potenti o forti da approcciare, quindi plachiamo tutte le scintille del caso, quello che è poi avvenuto nel due sere diventerà segno indelebile dell'incapacità Rai di creare eventi credibili, che nell'arte, la credibilità, è tutto. Ma parlare di arte alla Rai è come parlare con un Lama peruviano. Quello sputa, mica parla! Meglio sarebbe stato aspettare un'occasione precisa, centrare un traguardo, una ricorrenza importante, rendere omaggio (per davvero!) meno Principi e maggior credibilità, vi pagano per questo per essere credibili a chi vi guarda. Meno santini e più umanità, meno icone e più realtà anche se scomoda o non da Principi liberi. Ma un titolo peggiore, era difficile trovarlo, di questo dobbiamo dargliene atto alla Rai. Si, bisogna riconoscere alla Rai un autentico gusto per l'orrido. Così, perché amiamo Faber, ci chiediamo anche il perché di questa messa in scena colossale, questo dispiegamento di forze. Quale è stata la scintilla che ha portato a creare tale evento? Ci vuole una grande pazienza Faber, come Andrea c'insegna e so che piaceva molto anche a te il Paz! Tra geni v'intendete, mica come alla Rai. Portiamo pazienza, ma incazziamoci pure su tanta ipocrisia con la memoria formato borghese classe e ceto medio dal gotha dal sangue blù. Faber, l'avete MASSACRATO, e chi si sente in colpa per questo faccia pure, ne ha tutte le ragioni!




Ma c'era anche  Fantozzi?



         George Brassens
INVECE DI ABORTIRE UN papocchio dove Villaggio ricorda involontariamente Fantozzi ed il Principe Liberato è un Faber da sofà con accento romanesco che è una campana stonata che le orecchie e la memoria delude, favellando col contagocce, mentre Faber in compagnia parlava con la fluidità dei fiumi in piena. Il suo pensiero, le sue intuizioni, era animose, cariche di passione e profondità, duro fino all'acredine nella descrizione dei vari tentacoli del potere, delle autorità e delle virtù precostituite da uomini, a loro immagine e somiglianza e proprio per questo fortemente incline all'invettiva, proprio come i suoi primi maitrè-a-pensar (come li definiva lui), dal chansonnier Villon al più recente George Brassens. E probabilmente nessuno dei cantautori italiani è riuscito a poetare così civilmente il disprezzo per l'indifferenza al galoppo dei nostri tempi. Con Dori Ghezzi che ricordo lapidaria disse: I suoi testi li abbiamo, la sua voce la sentiamo cantare. Quello che mi manca di lui è la voce con cui parlava a me, però”. Così, in un’intervista rilasciata a Gianni Minoli si lasciò andare quel poco che basta per capire cosa significa aver perso troppo presto un uomo come Fabrizio.Con una sensibilità che qualcuno, grossolanamente, giudicò ideologica, mentre era, allora come sempre, solo e soltanto poetica. Nulla di più.


LA POETICA DI FABER? ASCOLTATELO.



Quando si è troppo liberi  c'è sempre qualcuno che ti vuole 

un po' meno libero, perché non gli va che tu sia così 


disinvolto. Sembra una cazzata, ed invece proprio da lì che 


comincia una slavina interminabile di disagi e ipocrisie 


altrui ce ne sono i pacchi bollati

Fabrizio e Cristiano De André



E QUEL CIUFFO, quella ciocca di capelli esagerata e paventata in ogni occasione. Olè! Alla Zanardi. Doppiopetti come fossero fruit of the loom, ancheggiamenti da belle epoquè, occhiate, e tanta, ma tanta, ma così tanta che è pure troppa, borghesia genovese che poi si trasferiva sulla Costa Smeralda, portando tutto verso una deriva sentimentalistica senz'anima, distante da Faber anni luce, però possiamo godere di un grande accento romanesco che stava davvero bene, ripensando a quando lo sentivo parlare a me, la notte che lo conobbi bene e le tre volte (nell'arco di 10 anni) che lo intervistai nella mia vacanza quotidiana da giornalista, per questo m'è sempre piaciuto stare in redazione, lì ci si diverte, mica sarà un lavoro quello, non prendiamoci in giro. Il giornalismo è una figata. Ma, ahimè, tornando al Principe, del resto cosa vuoi aspettarti da una produzione Rai, Tv generalista che deve cercare di mettere d’accordo il più alto numero di persone possibili (leggi utenti pubblicitari) verso un tipo di programma? Purtroppo, ‘sta volta è toccato al Nostro. Loro non ci pensano già più. Parlo dei progettisti della titanica produzione, i capostruttura. Per la testa avranno già altre storie da recuperare per poter continuare a raccontare, male, la vita rovinando per davvero il ricordo delle persone. Trovo ciò molto grave. Un Faber Adone, eppoi gente come Pepi Morgia, Gian Piero Reverberi, Franz Di Cioccio, Nicola Piovani, don Andrea Gallo, Francesco De Gregori, Mussida, Massimo Bubola, don Andrea Gallo il sacerdote anarchico, Princesa l'amico trans, Alvàro Mutis lo scrittore di "Smisurata preghiera", Mannerini, la pacifista Fernanda Pivano in odor di Beat Generation e forse anche per questo non piacente ai musoni Rai che di lei sanno solo che Faber la chiamava 'Nanda, Mauro Pagani, ma dove erano? DOVE ERANO? Chi li ha visti? O dobbiamo andare su Rai3 dalla Sciarelli per poterli rivedere? 



Il pur bravo attore Luca Marinelli che abbiamo visto in altre

 occasioni, nel ruolo di De André è un cortocircuito cerebrale 

ALLORA PENSO quello che moltissimi non sanno, ossia che la FdA (Fondazione,Fabrizio De André), abbia avuto bisogno di soldi per lavori da fare e ampliare l'agriturismo dell'Agnata (nella foto sotto) che è poi sempre stato il sogno di Faber negli ultimi anni della sua vita, al punto che la canzone stava scemando la passione per offrire spaz<io dentro di se all'agricoltura. A questo proposito, Ellade Bandini, il suo batterista, mi disse prima di un loro concerto: “Fabrizio di cantare non gliene frega più nulla (l'espressione fu più colorita). Ora è molto preso dalla sua tenuta che sta costruendo a Tempio". Eravamo nel 1998. "E quello è, e sarà, il suo futuro”, concluse lasciandomi un po esterrefatto e con la testa di chi ha intuito una cosa che non voleva sapere figuriamoci capire. De André si stava lentamente appassionando sempre più all'attività di agricoltore, accantonando ancor più progressivamente quella musicale e a me dispiaceva parecchio, egoisticamente. Ma il problema è che in questo modo si da di Faber un'idea che non è quella vera e non esiste cosa peggiore che tradire i Maestri per i posteri che magari ci avrebbero fatto un bel giro lungo decenni, come è successo a me ed a tanti altri, che in Faber ci si rivedeva, ci si risentiva, ci si amava. Fabrizio era anche uno Scania, un bilico, ma per molti è stata una graduale scoperta che segnava le esistenze. Ma a Faber gli si voleva molto bene! Mica scriveremmo 'sta cose se le cose stessero diversamente, ci vuole poco a capirlo. Ci si sente traditi dopo quelle due serate che mi sono dovuto legare al divano (come nel racconto omerico Odisseo tura le orecchie dei compagni con della cera, per poi farsi legare per sentire il magnifico canto delle Sirene).


IL SOGNO DI FABER


IL GRANDE SOGNO DI FABER, TRASFORMARE LA SUA TENUTA ALL'AGNATA
IN UN MODELLO DI AGRITURISMO AVANZATO 
































































Un 
De André
da Sofà

 (o formato famiglia) 

PERCHE' SAREBBE STATA UNA GRANDE OCCASIONE STARE FERMI. Non muovere paglia. Non proferir parola. Lasciarci ai nostri ricordi, veri, di Fabrizio, accumulati nell'arco di anni, non nell'arco di due sere. Non abbozzare neanche l'idea. Nessuno avrebbe detto nulla, come nessuno si sarebbe accorto di niente. Forse per Faber ci voleva veramente qualcosa che fosse alla sua altezza, non accontentarsi di un di un racconto non banale, ma insipido. In molti dopo venti minuti hanno staccato il contatto Tv. Meglio sarebbe stato aspettare occasione migliore, invece di abortire un papocchio dove un Tenco sembra un liceale, Villaggio ricorda involontariamente Fantozzi e il Principe Liberato è un Faber da sofà con accento romanesco che suona come una campana stonata, favellando col contagocce, mentre Faber in compagnia era un fiume in piena. E quel ciuffo, quel ciuffo, esagerato. Alla Zanardi, doppipetto come fossero fruit of the loom, ancheggiamenti belle epoquè. Una produzione Rai, Tv generalista che deve cercare di mettere d’accordo il più alto numero di persone (utenti pubblicitari) possibile verso un tipo di programma. Questa volta è toccato al Nostro. Loro non ci pensano già più. Parlo di chi ha scritto i testi, i capostruttura, hanno altre questioni per la testa.



ECCESSIVO



SENTIMENTALISMO

DE ANDRE' CON L'AMICO E POETA RICCARDO MANNERINI,
col quale scrisse il suo primo
Concept-album: "Tutti morimmo a stento"

E POI PERSONE COME Riccardo Mannerini (poeta), col quale ha vissuto dieci anni in un monolocale dell'angiporto genovese, però era un personaggio che alla Rai non piaceva, e allora via, cassato. Neanche il soffio di Ricc... Poi Pepi Morgia regista dei concerti e grande amico, Gian Piero Reverberi compositore e direttore d'orchestra, Franz Di Cioccio batterista della PFM, la PFM Intera, Nicola Piovani pianista, compositore e direttore d'orchestra, Francesco De Gregori (ma non era lui il Principe?), Massimo Bubola (cantautore, intellettuale), Mauro Pagani (polistrumentista) e molti altri, ma dove erano? Che ne ha fatto mamma Rai? Ma la FdA (Fondazione Fabrizio De André), è molto probabile che avesse bisogno di soldi per lavori da fare e ampliare l'agriturismo dell'Agnata (nella foto) che è poi stato il sogno di De André negli ultimi anni. Ellade Bandini, il suo batterista mi disse: Fabrizio di cantare non gliene frega più nulla. Ora è immerso nell'agriturismo nella sua tenuta a Tempio Pausania (L’Agnata, più precisamente). Quello è il suo futuro”, concluse Bnadini. Eravamo a Rimini nel '98 e la sera Faber s’esibiva al Palafiera. Era in tournè con “Anime salve”, quindi non mi sento neanche di imputare a “Mammadodoridi aver accettato un prodotto marchiato e tipico della linea editoriale nazional-popolare siglato Rai, la filosofia di viale Mazzini e del suo cavallo, accontentar tutti, per non dispiacere a nessuno. Un Principe recintato, irrigidimentato in una definizione studiata a tavolino da quattro menti brillanti, eccome, quasi imposto e circoscritto alla richiesta della maggioranza silenziosa che tanto ha combattuto De André, non facciamo gli struzzi adesso. Tristezza grande e chi penserà che esagero, si sbaglia. Non stiamo parlando di Sandy Marton o della Tatangelo, ma del cantante che ha regalato all'umanità un modo di vedere il mondo e viverlo in modo, a cui non voleva troppo bene, per i motivi con i quali i suoi simili si ammazzavano per futili motivi. Non era lineare Faber, aveva un vissuto emotivo ed esplorativo che giocava sull'immediato, sull'istante. Era di mente veloce e di sensibilità ancor più veloce, non gli serviva molto per capire, qualunque cosa. Nonché delimitato a norma, regolamentato a dovere, svuotato di tutto il suo sapiente comporre e delle notti interminabili dove per ore era capace di stare su di una strofa e non venirne a capo. Le lunghe nottate, le sue pennellate, i suoi facili entusiasmi per scontrarsi con la realtà beghina e ottusa come un mattone. Eppure questa grande lucida cognizione della superbia dei vincitori, invece che ispirargli rabbia e disperazione, innescava la sua grande forza narrativa dilatandone la spontanea dolcezza.

DE ANDRE' DURANTE IL PROCESSO A SASSARI
DOPO IL RAPIMENTO DURATO PIU' DI 4 MESI

NOalla RAI,

Non al BISCIONE, 


e neppure LA7



FILIPPO MARIOTTI,
neanche un accenno...
FABER NON HA BREVETTI come non è mai stato così elitario, privilegiato, agganciato, prenotato a vita, ancorato, ai benefit dell'esistenza che non scelse mai. Da qui la valanga di tormenti in Fabrizio che non sono stati neppure delineati nello "Speciale" (alla Minoli). La vita genovese, saltata damblè! Piedi pari. I carrugi. Mannerini? Troppo riguardante il ricordo che dovevano aver pensato di lasciare di Faber, un ricordo manipolato, non realistico. De André era altra roba. Speriamo nella prossima occasione. Ma bisogna capire che non deve essere un prodotto Rai o peggio ancora del Bisicione, loro fanno dei "santini" e così non è! Nel senso che per quanto e come conosco Faber, vorrei confermare che di Faber, nel "Principe libero", c’è molto poco. Come si può dire che quello fosse Fabrizio De André? Il Principe Libero si fossilizza sui sentimentalismi didascalici, e lo spettatore non sente neppure il desiderio, la bellezza delle parole né tanto meno l’impulso verso la libertà, che De André con una pennellata ti descriveva una città. E' mancato il genio, l'estro. E' mancato il coraggio di osare, ma penso che non fosse nei programmi Rai, l'osare.  Infine, ma solo per ora, vorrei sapere come mai non s'è accennato minimamente al mitico Filippo Mariotti, forse non era un personaggio da favola, troppo realista e troppo sardo? E per quest'assieme di cose si è ritenuto opportuno neanche nominarlo quando Faber lo amava diceva, come un fratello maggiore, in quanto tutto quel che sapeva De André di Agricoltura, glielo insegnò lui, il signor Agricoltore Sardo Filippo Mariotti. E tra i due c'era vero affetto, un grande rapporto umano per Fabrizio, ma non c'era posto nel castello incantato del "Principe Libero" targato Rai.

Dulcinea del Toboso,
sarò io il tuo Hidalgo

Passerà anche
questa stazione...

Nel
mio
cluadi
cante

narrar



E’ QUESTA LA grave cosa dell’intera operazione: aver dato di Faber un’idea beghina, irreale, non all'altezza. La nel procedere in direzione ostinata e contraria. Non era così la poetica, la vita di De André, la sua fragilità inossidabile al punto che suo figlio Cristiano lo chiamava "il toro" per il suo carattere molto competitivo. Perché il De André dell’innocente Luca, è didascalico ma anche fuorviante. Ma questa è una responsabilità di chi ha voluto mettere sullo scranno più alto il cantautore più profondo che abbiamo mai ascoltato. E questo a me pesa. E sarei curioso di sapere l’opinione del “Principe”, ma quello è impossibile purtroppo. Il mistero delle emozioni accoglie ogni raziocinio, ogni calcolo, tutto il vortice d'orrore si tramuta in un acquazzone di quel venerdì alle 15,30 che iniziò improvvisamente a piovere forte (su questo tutti i vangeli, apocrifi e "ufficiali", sono d'accordo) quasi come a lavare l'onta della violenza umana, capace di ammazzare in Croce chi parlava d'amore proclamandosi figlio di Dio. Una Buona Novella, chissà quanto e come manipolata o "rimaneggiata". L’umanità di Maria in questa canzone trascende la sua divinità, come è vero il suo contrario. Nelle parole di De André, Maria diventa la madre di tutto abbracciando il sacrificio della sua vita stessa per un disegno destinato al libero pensare di ognuno.



Ma voi che siete a Rimini tra i gelati e le bandiere 

non fate più scommesse sulla figlia del droghiere


CONCLUDO, (per la gioia di tant@), azzardando nel mio claudicante narrar, che non sarebbe stato l'uomo che è stato se non fosse cresciuto ascoltando le sue canzoni, le sue interviste, i testi letti e divorati. Il suo bel volto segnato da chissà cosa, le note spesso in minore che hanno un sapore più intimo, profondo, spirituale. Musica sapiente, il suo stile, la personale storia, il rapimento con l'ottima Dori che fa quello che può e lo fa anche troppo bene, considerata l'eredità che gli è toccata, un'eredità leggera, ma al contempo, proprio per quella E' accentata finale, si ritrova a dover gestire questioni che lei non conosce e fa del suo meglio, guai non ricordare ciò, episodi di altri che Fabrizio ha fatto suoi vivendoli, da Riccardo Mannerini, al regista-concert di Faber, l'amico Pepi Morgia, fino a Cristiano e Dori e la bella voce di Luvi, una bambina che sancì definitivamente l'amore di una grande coppia che molti apprezzavano se non imitavano. Gli amori artistici francesi di Fabrizio, che conferma mi sarebbe mancata quella forma d'anarchia che non trova risposta nei poteri istituzionali fino ad essere convinto che è vero, non esistono poteri buoni, ma solo poteri con molti zeri e tanti interessi singoli. Tante parole cangianti e nessuna scrittura, proprio come nei campi d'ortiche, ricordi tanti e nemmeno un rimpianto per chi è abituato a farsi piovere addosso, non è un problema. Faber è in un campo minato col suonatore Jones perché ha accompagnato per mano la vita di molti di noi e questo rende tutto molto soggettivo complicando le questioni alterando la passioni. Alla fine penso che siamo in troppi a tirare la giacchetta di Fabrizio. Molti non centrano, o sono di passaggio, mai ci mettono la faccia, mai. Se poi scrivi, ti beccano la minutaglia, e ti chiedono di quella. Dopo 'st'inutile sbornia di un liquore che non è del Mercante. Per quanto mi riguarda, penso di lasciarlo stare per un po. Gradirebbe.